Recensione di “Insetti” nuovo singolo di Stefano Attuario

Stefano Attuario con ” Insetti” ci trascina in un vortice oscuro e viscerale, un brano che si nutre di immagini disturbanti e di una tensione crescente, quasi claustrofobica. La sua scrittura è densa, evocativa, intrisa di riferimenti simbolici che si intrecciano a una sensazione di lotta interiore. 

Attuario si muove con maestria tra liriche che sfiorano il gotico e il decadentismo, costruendo un immaginario in cui il dolore si trasforma in energia e la disfatta diventa il preludio alla rinascita. “Insetti” è un brano che non lascia scampo: inquietante, abrasivo, ma al contempo carico di una poetica cruda che lo rende ipnotico.  

Il testo di s sviluppa come un viaggio infernale, un percorso tra tormento, oppressione e riscatto. Le immagini sono forti e disturbanti, evocano scenari di dannazione e sacrificio, con una forte carica simbolica che richiama temi esistenziali e religiosi.  

– Strofa 1: Il brano si apre con un’immersione negli “abissi” (*nelle viscere dell’Ade*), un riferimento alla mitologia greca che simboleggia una condizione di sofferenza e smarrimento. Qui il “male” si presenta con strategie subdole, come slogan politici o religiosi che manipolano la realtà. L’io lirico è sopraffatto dalla confusione, incapace di trovare una via d’uscita.  

– Pre-Ritornello: L’immagine delle “ali nere come insetti da schiacciare” è potente e ambivalente. Da un lato, evoca la fragilità di una vita oppressa e destinata alla distruzione; dall’altro, richiama un senso di disgusto, di repulsione verso qualcosa di corrotto o malvagio. L’insetto diventa simbolo del peso da annientare, di un’esistenza svilita.  

– Ritornello. La frase “ingoio il verme della carne” richiama un’immagine di corruzione e decadimento, un riferimento alla mortalità e alla consapevolezza della propria finitezza. L’anima “appesa all’altare” richiama il sacrificio, il martirio, un senso di impotenza davanti a un destino crudele. La metafora della “carne da macello” amplifica questa sensazione di essere un mero ingranaggio in un meccanismo spietato.  

-Strofa 2: Qui il brano cambia tono. Un “soffio” dentro l’io lirico diventa segno di rivoluzione, di un fuoco interiore che ribolle sotto la cenere dell’apatia. La figura del “rapace” suggerisce una metamorfosi: da vittima inerme a predatore consapevole. Il “sangue di Giuda” richiama il tradimento e la rivelazione della verità nascosta. La tempesta interiore è il preludio alla liberazione.  

– Special: La sezione più brutale e liberatoria. Il protagonista “mastica” tutto ciò che ha subito – sbronza, rabbia, bava, odio – per poi trasformarlo in veleno e sputarlo fuori. Il crescendo culmina in un urlo: “Io so respirare”. Qui avviene la catarsi, la presa di coscienza, la liberazione dal giogo della sofferenza.  

Il testo, nel suo insieme, è un grido di disperazione e redenzione, un alternarsi di sofferenza e rivolta che culmina in una nuova consapevolezza. Insetti è un brano potente, che scava nelle profondità dell’anima e affronta il lato più oscuro della condizione umana con un linguaggio evocativo e brutale.  

Stefano Attuario dimostra di avere una scrittura intensa e carica di significato, capace di creare immagini forti e di trasmettere emozioni viscerali. *Insetti* è un brano che si fa sentire con forza, sia a livello sonoro che testuale, e che lascia l’ascoltatore con una sensazione di inquietudine e fascinazione. Un viaggio nell’oscurità, ma con un barlume di luce finale: la capacità di respirare di nuovo, di risorgere dal proprio inferno personale.

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