Intervista ad OCCHIali per il suo Ep “Niente per niente”

Eccoci con OCCHIali. Il titolo dell’EP, “Niente per niente”, suggerisce un concetto forte di scambio e sacrificio. Cosa rappresenta per te questo titolo e come si riflette nei brani che hai scelto di includere?
Ciao e grazie per lo spazio!
L’espressione “Niente per niente” (intesa come abbreviazione del detto “nessuno fa niente per niente”) nel caso specifico va a racchiudere la risposta definitiva a una fase di relazioni umane nate dai più nobili intenti ma per lo più rivelatisi di scarsa consistenza. Ciascuna delle canzoni del disco è stata influenzata, in misura minore o maggiore, dai risvolti emotivi di quell’arco temporale, perciò mi è sembrato adeguato dare all’EP un titolo che rappresentasse da un lato l’amarezza del constatare la povertà di certe situazioni, dall’altro la consapevolezza di aver comunque imparato qualcosa o rafforzato dei concetti in quello che è stato un periodo di grandi emozioni prima e di grandi delusioni poi.
L’importante è crescere, e nel mio caso saper infondere ogni aspetto di questa crescita nella creatività musicale.

Nel tuo sound si percepisce un equilibrio tra sonorità intime e un’energia più diretta. Come hai lavorato alla produzione per trovare questa sintesi e quali influenze hanno guidato il tuo percorso musicale?
Da adolescente degli anni ’90 sono stato molto influenzato dall’esplosione del grunge e da quei fenomeni che ne sono derivati a cavallo del nuovo millennio. In particolare, artisti come Pearl Jam ed Alice In Chains, oltre che Chris Cornell (con e senza i Soundgarden), mi hanno formato in prima battuta sulla ricerca di chitarre dal suono ruvido e di sezioni ritmiche incisive, ma successivamente anche alla delicatezza degli strumenti acustici e di melodie e sonorità che hanno ricongiunto il percorso con altre influenze per me storiche come REM, Jeff Buckley, U2, Smashing Pumpkins.
Nella resa di queste suggestioni mi ha aiutato molto il fatto di essere nato musicalmente come bassista e chitarrista, quindi ero già abituato a rispecchiare la mia creatività in certe caratteristiche sonore, dovevo soltanto trovare il mio modo di realizzare tutte queste corrispondenze. Non è sempre un esercizio facile, si rischiano il sovra-arrangiamento e l’eccesso di produzione, ma sto migliorando e comunque sono soddisfatto dei risultati ottenuti finora.


I testi dell’EP sembrano scavare nelle emozioni con una sincerità disarmante. C’è un brano che per te ha un significato particolarmente profondo o che è nato da un momento di forte ispirazione?
La sincerità per me è un problema… all’inverso, nel senso che ne ho davvero tanta, a volte persino troppa. Per questo motivo mi riescono spontanei testi come “Silenzio assenso”, nel quale di fatto mi rivolgo alla malinconia nel suo stato patologico, o “Non sono te” che è un sommesso anatema alla superficialità dei rapporti nel contesto della socialità virtuale e sovraesposta; sono sicuramente dei pezzi la cui genesi è stata un’esperienza delicata, ma dalla quale sono uscito tremendamente arricchito come essere umano.
Ovviamente non tutte le mie canzoni sono o saranno così ricche di significati personali o legate a esperienze emozionali così dirette, ma la scrittura con minor coinvolgimento è una capacità che sto ancora esplorando.


Dal punto di vista della scrittura, hai un metodo specifico per sviluppare le tue canzoni? Parti sempre da un’idea precisa o preferisci lasciare che la musica ti guidi nella costruzione del testo?
Vista la mia formazione, è più facile che nasca prima la musica, di solito da un paio di accordi di chitarra acustica o anche da un’idea melodica che mi colpisce improvvisando qualche fraseggio. Da lì inizio a costruire la base musicale arrivando a definire la struttura del brano, gli strumenti presenti e un abbozzo di arrangiamento: a quel punto mi è molto più facile legare alla musica un’idea di testo, un tema che possa sviluppare coerentemente con il tono del pezzo; se nel farlo posso pescare dalla mia emotività personale, è davvero questione di poco trovare la quadra che mi convince. Dopodiché inizia il lavoro lungo, ovvero definire tutti i dettagli sotto ogni aspetto della canzone, che per un aspirante perfezionista può tendere all’infinito se non si sa mettere un freno.
Ho provato il procedimento opposto, ovvero partire da un topic e costruirgli attorno una struttura musicale, ma non mi sono sentito né efficace né soddisfatto in maniera paragonabile.


Se dovessi descrivere “Niente per niente” a chi non ha mai ascoltato la tua musica, quali tre parole useresti e perché?
La prima è facile: “Rock”; di qualunque sfumatura possa essere, ne sono letteralmente un prodotto ed è la lingua nella quale mi piace di più esprimermi, non avrò mai via di scampo da questo.
La seconda è “introspezione”, perché in questo EP c’è davvero tantissimo del mio panorama emozionale portato alla superficie a beneficio di chiunque se ne possa arricchire conoscendolo.
Ultima parola è “alternativa”, sia in senso estetico dato che mi sento poco o nulla allineato alla proposta mainstream attuale (quantomeno in Italia), sia in termini di contenuti vista la mia propensione a essere creativo in una maniera che prescinde da cosa sia più accattivante o di tendenza.

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