Intervista a Clo.ser per il suo nuovo album “Magenta”

Eccoci con Clo.ser. In “Magenta”, hai deciso di esplorare temi molto profondi e personali. C’è stata una traccia in particolare che ti ha richiesto un maggiore sforzo emotivo durante la scrittura e la registrazione?

Buongiorno a tutti e grazie. Registrare la voce di “Canzone per Leda” è stato particolarmente difficile. E’ una canzone che non eseguo nei live perché evoca molti ricordi personali e non sono convinto di poter gestire al meglio la mia emotività. Racconta di una persona cara che non c’è più.

La tua voce attinge spesso dal registro grave in questo album. C’è una ragione particolare per questa scelta stilistica? Come credi che influenzi l’interpretazione delle tue canzoni da parte degli ascoltatori?

L’utilizzo dei vari colori di una voce è, a mio avviso, un modo per dare maggior dinamica ai brani. Credo che il registro grave possa anche attribuire una profondità emotiva che rende più intenso il racconto e, di conseguenza, più comprensibile.

“L’arpa delle Muse” è una traccia che mescola gentilezza e saggezza con un respiro jazzistico. Puoi parlarci di come è nata questa canzone e cosa rappresenta per te l’arpa come simbolo?

E’ uno dei brani che preferisco, una riflessione molto poetica e anche concreta, che approfondisce la necessità di adattamento di ogni individuo a una società sempre più spietata. E’ nata da un arpeggio chitarristico che suonava particolarmente bene, su cui ho rapidamente costruito il testo. La tromba sordinata, suonata da Federico (Desanti, ndr), attribuisce alla canzone un’atmosfera d’altri tempi. Per quanto riguarda il significato dell’arpa nella canzone, direi che rappresenta la musica celestiale e sublime, infatti nell’immaginario e nell’arte è accarezzata, più che pizzicata, dalle dita di una Musa, di una dea, di un angioletto. Per tale ragione è un contraltare naturale e perfetto alle bassezze e miserie umane, nelle quali ciascuno deve, prima o poi, immergersi per sopravvivere.

Il brano “Preghiera laica per la pace” è un invito a riflettere su un’umanità migliore. Cosa speri che gli ascoltatori portino con sé dopo aver ascoltato questo pezzo?

Il brano invita chi ascolta a non considerare, come opzione, nemmeno l’idea della guerra. E’ un presupposto imprescindibile per me. Oltre che la condivisione di una riflessione, “Preghiera laica per la pace” ha una musicalità speciale, con centellinati interventi solisti, e con il suono del metallofono a porre gli accenti, quasi a rappresentare una metaforica, puntuale, sveglia per le coscienze.

Nel tuo album c’è un evidente equilibrio tra minimalismo musicale e profondità dei testi. Come descriveresti il tuo approccio alla composizione musicale e come riesci a mantenere questo equilibrio?

Il mio è stato un approccio spontaneo, un po’ per tutte le tracce del disco; sono partito come sempre, da alcune immagini che mi hanno colpito, per poi tradurle in musica. Di lì, ho costruito una prima intelaiatura delle canzoni, con la chitarra acustica. Se i brani funzionano già così, si è a cavallo. Quindi, ho cercato di togliere le espressioni un po’ contraddittorie e le imprecisioni nel testo, ripulendo il racconto da banalità e passaggi ambigui, e ho cominciato ad arrangiare con gli altri strumenti.

Ho prestato moltissima attenzione nel preservare il mood del brano perché, a mio avviso, la  musica e le parole devono completarsi a vicenda, per raccontare la medesima storia.