Blayk e il disincanto della solitudine: recensione di “Neppure di te”

Con “Neppure di te”, Blayk porta alla luce il suo lato più vulnerabile, creando un brano che non si limita a raccontare una storia, ma invita l’ascoltatore a fare i conti con la propria solitudine e disconnessione emotiva. L’artista si mostra in tutta la sua complessità, esplorando il tema della difficoltà di essere se stessi in un mondo che premia la conformità. La sua voce, ruvida e sincera, accompagna un testo che è un atto di resistenza contro le convenzioni sociali.

Il pezzo prende di mira le contraddizioni intrinseche della nostra esistenza quotidiana, dove ci troviamo spesso a inseguire illusioni di felicità e successo, solo per ritrovarci con un vuoto incolmabile. Blayk scrive di una realtà in cui l’individualità è schiacciata dalla pressione esterna: “vivi in formato risparmio per pagar l’affitto, l’auto / spendi più di quanto hai guadagnato”. Questa critica non è solo sociale, ma anche esistenziale. L’artista si interroga sul senso di un’esistenza che sembra sempre più lontana dalla felicità autentica, e lo fa con una sincerità che non lascia spazio a ipocrisie.

Musicalmente, “Neppure di te” riesce a fondere sonorità moderne con un’anima profonda, creando un’atmosfera che riflette perfettamente il tema centrale del brano: la distanza tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Ogni nota sembra cercare di colmare il vuoto lasciato dalle parole, ma è evidente che la musica, come il testo, non fornisce risposte facili, ma piuttosto stimola ulteriori domande.

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